Cratere-lago-porto
di Raffaele Castagna
.... «In
eadem et oppidum haustum profundo, alioque motu terrae stagnum emersisse...»
Nella medesima isola una città
fu inghiottita nel profondo, e per un altro sommovimento spuntò
uno stagno.
Lo stagno, di cui parla Gaio Plinio Secondo - Storia Naturale,
cosmologia e geografia, lib. II par. 203 - è l’attuale
“porto”
d’Ischia che tale divenne nel 1854 con un’apertura che
mise l’ex lago in comunicazione con il mare, per permettere
una facile entrata dei battelli e delle barche. Peraltro già
nel 1670, poiché nella zona si respirava aria malsana, era
stato aperto un piccolo varco, non praticabile per le barche e chiuso
con pali e canne, sicché veniva assicurato soltanto il passaggio
dei pesci che prosperavano poi nel lago. Davanti allo sbocco la pesca
era vietata in un raggio di mezzo miglio.
Nella Geologia dell’isola d’Ischia (1870) Ferdinando
Fonseca scrive:
«Il Lago, ora Porto del Bagno,
ha presso che un miglio di circuito con uno scoglio nel
mezzo, su cui è posta una casipola pescareccia,
è circondato da tre lati da basse pareti di trachite e dal
quarto, voglio dire quelllo di mezzogiorno, aperto e sfornito di qualunque
rialto. Le rocce degne di osservazione sono:
- Trachite bigia con cristalli di riacolite e qualche laminuccia di
mica. Presso la foce del lago dalla parte della punta di S. Pietro.
- Trachite bigio-chiara, cellulosa con grana cristallina. Dallo scoglio
nel mezzo del lago.
- Trachite bigio fragile con grana cristallina e con cristalli di
riacolite aggruppati. Dalla trachite superiore della grotta della
punta di S. Pietro.
- Trachite bigio-verdiccia con cristallli di riacolite e mica. Dalla
trachite inferiore della punta di S. Pietro.
- Trachite bruno-rossiccia, scoriacea con cristalli di riacolite.
Dalla trachite inferiore della punta di S. Pietro.
- Aggregato giallo-rossiccio, fragile. Dalla punta di S. Pietro».
La casipola pescareccia, al tempo in cui Giulio Iasolino componeva il suo libro De Remedi naturali che sono nell’isola di Pithecusa hoggi detta Ischia (1588), era una chiesetta consacrata a San Nicola. Questa circostanza verso il 140 d. C. suscitò la curiosità del giovane Marco Aurelio, futuro imperatore romano, il quale scrisse una lettera al suo maestro Frontone per chiedere come poter utilizzare nei suoi studi questo fenomeno. Frontone rispose con una significativa immagine, nel senso che l’isola grande ripara l’isolotto dalle tempeste marine e parimenti l’imperatore padre allontana dal principe ereditario le preoccupazioni del governo
«Passato un poco più oltre, si vede il tempio di San Pietro a Pantanello, altre volte monastero di Greci, e vicino a quello nella marina è lo scoglio da noi detto il Gigante, dalla forma che tiene. Fra questo e dirimpetto al tempio di Santo Alessandro, e li monti delle fosse scaturiscono i bagni di Fornello e di Fontana, vicino ad un lago fertilissimo di buon pesce, e di uccelli detto Follache, le quali venendo qui da altri luoghi macre e inette né buone da mangiare, nel tempo freddo diventano grasse e buone da mangiare: da molti si crede che ciò avvenga da una certa erba, della quale in quella si pascono: pure io stimo che questo si causi per l’acque di detti bagni, che hanno virtù di ristorare, e ingrassare scorrendo nel dettolago. Circa la festa dunque di San Martino quivi si fa una bellissima caccia di dette Follache: le quali diventando tanto grasse che possono poco volare, ma non uscire dal lago, che di circoito è quasi un miglio,entrando le genti con barchette e balestre ne pigliano qualche volta mille, e altre volte mille e cinquecento ancora, essendo già caccia reale, e riservata» (Iasolino, op. cit.).
Camillo Eucherio de Quintiis nel suo poema Inarime seu del balneis Pithecusarum (1726) descrisse con poetici esametri latini la pace e la tranquillità delle sue sponde, dei campi circostanti allietati dal canto degli uccelli, nonché la caccia alle folaghe che si faceva nel lago nel mese di novembre.
In Brevi e succinte notizie di storia naturale e civile dell’isola
d’Ischia (1801) Francesco De Siano così scrive:
«È (il lago) abbondante di pesci e da mollti anni è
stato dalla città affittato al re che suole venirvi a fare
la pesca, risedendo nel vicino casino del fu Protomedico Buonocore,
situato su di una collina adiacente a mezzodì, tra la cui falda
e il detto lago appena vi passa la strada pubblica, al di cui lembo
sul litorale del lago sgorga la famosa acqua del bagno di Fontana
d’Ischia, termominerale di natura muriatica con altra accanto
poco differente del bagno detto di Fornello».
L’Ultramonntain (C. Haller) nel suo Tableau topgraphique
des isles d’Ischia.... (1822) parla di un Mar morto in
forma ridotta:
«Solo un banco di sabbia, largo circa cinquanta piedi, lo separa
dal mare: è un Mar morto in forma ridotta, con la differenza
però che il bacino del lago d’Ischia di un circuito di
tre quarti di miglio è il fondo di un antico cratere vulcanico,
formato dal piccolo promontorio di lava di S. Pietro a Pantanello
ad Est e dalle colline pure vulcaniche di S. Alessandro ad Ovest e
a Nord. A questo lago non si addice il nome di Pantanello che significa
pantano; comunica con il mare mediante un canale scavato a un’estremità
del banco di sabbia. L’acqua si rinnova, quindi, continuamente
nel bacino che ha un fondo sabbioso e somiglia ad uno stagno colmo
di pesce squisito, cozze ed altri testacei. Al centro del lago s’innalza
una roccia di lava su cui c’è una piccola capanna per
gli attrezzi da pesca che è data in fitto e procura proventi
per la città d’Ischia. Sulla sponda occidentale del lago
c’è un podere che compendia quasi tutto ciò che
costituisce, in questo paese, una buona economia rurale. L’abitazione,
piccola ma pulita, adeguata ai bisogni del proprietario è situata
al centro dell’orto che si stende sulla parte più bassa,
quasi a fior d’acqua. C’è poi un pomario o boschetto
di limoni e di aranci, mentre il poggio che sovrasta il pomario è
coltivato, da una parte a vigneto, e dall’altra a oliveto. Sul
promontorio di San Pietro, che sta di fronte, si scorgono piantagioni
di ulivi».
«Il Lago d’Ischia era una volta famoso per il gran numero di gallinelle di acqua che si prendevano ogni anno nel mese di novembre, benché oggi non se ne osservino più da quando si è fatto entrare il mare in questo lago per facilitare il rinnovamento delle acque. In compenso si prendono dei pesci eccellenti, che formano una delle principali risorse della Città d’Ischia» (J. E. Ch. De Rivaz - Déscription des eaux minéro-thermales..., 1837).
“… Epperò era veramente sventura che l’isola mancasse di un porto. Ma ciò che desiderarono in tutti i tempi, e sempre indarno, tutti i dinasti che Ischia signoreggiarono, fu voluto e fatto prestamente al cenno del re Ferdinando II, immegliando così, non è a dir quanto, la sorte di quei popolani non solo, ma e delle vicine isole ancora, e di quanti con esse fan traffico. Eravi a settentrionne dell’isola uno stagno ampissimo, originatosi fin dai tempi più remoti dall’ultimo dei tre gran tremuoti, onde quella fu sconvolta, siccome ricorda la storia. Veduto dunque il Re che niun luogo offrivasi più acconcio ad un porto, comandava che vi si fosse aperta nel sito più vicino al mare un’ampia bocca da poter dare agevolissimo passaggio a qualsivoglia più grande piroscafo da guerra, e che il suo fondo si fosse purgato dì tutte le materie, che i secoli vi avevano accumulate, affinché anche grandi navigli riparare vi potessero e stanziarvi a loro bel agio» (Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, vol. LIII, 1855).
«…
Ci dirigemmo verso la punta occidentale dell’isola, formata
da enormi colate di basalto scuro, che da lontano sembravano giganteschi
mastodontici andiluviani, accovacciati in riva al mare. I loro fianchi
sprofondavano a picco nel mare e mi chiedevo se non stessimo per infrangerci
contro quei massi irti e frastagliati dagli assalti delle onde che
senza tregua li coprivano con i loro fasci di schiuma, quando un colpo
di timone fece fare un leggero giro all’imbarcazione; vidi aprirsi
tra due alte rocce uno stretto passaggio nel cui fondo s’incorniciava
il più delizioso paesaggio che si possa sognare, mentre ci
colpiva il viso un’intensa ventata di profumo di gardenia. I
rematori lasciarono scivolare lungo l’albero la vela che cadde
flaccida e senza forze, e noi, piano piano, entrammo in un piccolo
bacino circolare, dove le onde s’appianavano, calme e trasparenti
al riparo dalle ondate del largo.
Evidentemente era il fondo di un antico cratere come ne esistono tanti
sulle montagne dell’isola. A nord, l’azione dei flutti
o forse un’ultima convulsione sismica l’aveva sboccato,
sventrato per scavare nelle pareti lo stretto passaggio attraverso
il quale eravamo entrati.
Dirimpetto, il terreno si elevava in dolce pendio fino ad un’alta
muraglia rocciosa che rinchiudeva da ogni lato uno spazio circolare
e, al di sopra, apparivano le cime dentate dell’Epomeo. Una
lussureggiante vegetazione riempiva questo vasto circo, qua e là
boschetti di aranci, di limoni, di mandarini e dal loro verde carico
emergevano le masse bluastre dei vecchi ulivi dai rami cadenti….»
(E. Pélagaud: Ischia, souvenirs de jeunesse, Lyon
1876).
Cratere, lago, porto: sempre questo angolo di Ischia ha attirato l’attenzione or dei cultori delle scienze, volti a spiegarne la sua formazione e le sue trasformazioni, or dei seguaci delle Muse poetiche ed artistiche, che qui trovarono ispirazione al loro lirismo e al loro pennello. Soprattutto vi accorsero i pittori della Scuola di Posillipo e il lago appare spesso fra i loro disegni ed acquarelli; ed anche successivamente il porto ha trovato posto nei lavori di molti artisti, sia isolani che forestieri.