Il Castello d'Ischia
la ricchezza delle
piante mediterranee
di Giuseppe Sollino
Pensieri dolcissimi, aliti
di gloria si respirano avvicinandosi al Castello d'Ischia
Scorgere
il Castello Aragonese dal mare o dalle colline, finanche dall'Epomeo,
stimola sempre sentimenti di estasiata ammirazione.
L'ardita rocca che si eleva dal mare per oltre cento metri continua
a suscitare nell'isolano come nel turista frettoloso un irresistibile
richiamo, nel quale sono sublimati interessi, oltre che storici,
artistici, etnici e geologici, anche botanici.
Avvicinandosi all'ingresso, dopo aver notato le splendide piante
mediterranee come il lentisco e la ginestra frammisti ad agavi
e fichi d'India, ci fermiamo nello slargo circolare che serviva
alle carrozze e ai carri per girare senza difficoltà.
Da qui la prospettiva panoramica si accende del verde rilucente
delle colline di Campagnano, punteggiato dalle bianche ville
che scendono fino al mare adagiandosi agli scogli di Cartaromana,
che simili ai Faraglioni di Capri sono ricchi di una vegetazione
rara ed interessante.
La Torre di Michelangelo, Soronzano, S. Domenico, la spiaggia
e l'antico borgo marinaro formano uno splendido anfiteatro dominato
dal monte Vezzi, antica sentinella del mare, inverdito da castagni,
lecci ed acacie.
A sinistra l'isolotto di Vivara, parte di un antico vulcano
sprofondato, di notevole valenza ambientale, con la sua macchia
di lecci ed olivi, sembra quasi completare la splendida coreografia.
L'accesso al Castello, privo ormai del vecchio ponte levatoio,
è protetto da un pesante cancello incassato fra due pilastri
in muratura. Lateralmente alla biglietteria si apre un tunnel
scavato recentemente nella roccia, che porta ad un ascensore
che conduce alla parte alta del Castello. È comunque
preferibile proseguire per le antiche scale di basalto, procedendo
a piedi ed apprezzando ogni punto del maniero. Dopo qualche
rampa di scale ben lastricata, si giunge al primo piano dell'edificio
aperto ai visitatori. I resti dell'antica cattedrale, dedicata
all'Assunta, ancora traspirano le funzioni religiose del passato.
Sembra così di rivivere la sfarzosa funzione religiosa
che legò due delle più belle anime dell'isola:
Ferrante d'Avalos e Vittoria Colonna.
La prima poetessa d'Italia, che qui soggiornò nel XVI
secolo, costituì un cenacolo letterario ricco di fermenti
e di bellezze poetiche.
La bellissima castellana sembra ancora presente nel suo Castello,
dimora d'amore e di struggente malinconia.
Intanto di fronte a noi si apre un panorama stupendo che abbraccia
tutta la costa, dal borgo marinaro alle spiagge fino a toccare
Vivara e Procida. Piante mediterranee, come vigorosi lentischi
frammisti a succulenti mesembriantemi, tappezzano i fianchi
del Castello. Con gli occhi ancora accesi dalla luce di un dolce
pomeriggio, ci portiamo verso la cripta che ospita interessanti
affreschi ancora evidenti: appartengono sicuramente alla scuola
di Giotto. La visita prosegue lungo una stradina selciata che
si apre tra vigorosi ulivi, gelsi e colorati fichi d'India.
Queste piante non molti anni fa fornivano frutti dolcissimi
che, raccolti, venivano venduti nel borgo con uno strano rituale:
"l'appizzata". Bisognava, lasciando cadere un coltello
appuntito, infilzare uno dei frutti raccolti nei cesti. Certo
il più bello, il più maturo era sempre quello
più difficile da colpire.
Ma proseguiamo rapidamente: voltando a sinistra ci ritroviamo
in uno slargo dove si affacciano le entrate della Chiesa dell'Immacolata
e del Monastero delle Clarisse di S. Maria della Consolazione.
Anche da qui non bisogna perdere un panorama davvero stupendo
con l'azzurro del mare che si stempera nel verde delle pinete.
Riconosciamo sullo strapiombo che arriva al mare diverse piante
di lentisco insieme a ginestre e cisti in splendida fioritura.Ritorniamo
sui nostri passi. Girando sulla sinistra e proseguendo verso
la parte alta del castello ci imbattiamo in un piccolo edificio
dalla strana pianta esagonale: è il tempietto di S. Pietro
a Pantaniello, edificato nel 1547 da Dioniso Basso.
Ci meritiamo una piccola sosta anche perché, affacciandosi
nelle varie direzioni, è possibile abbracciare sia la
splendida baia di Cartaromana, che l'isolotto a forma di virgola
di Vivara.
Piante di acacie, di fichi e le immancabili ginestre intanto
ci accompagnano verso un cupo recinto di mura grigie: si tratta
del carcere voluto da Ferdinando I di Borbone nel 1823. Le prigioni
del castello con le vecchie mura dirute sono oggi ricoperte
da splendide piante ruderali, che assumono forme e colori accesi.
Riconosciamo così la valeriana rossa, l'ortica, le ginestre,
la parietaria, ma soprattutto i capperi. Queste splendide piante
formano cascate di verde e di bianco lungo le mura che portano
al Maschio, purtroppo interdetto ai visitatori. Intanto piante
aromatiche dall'intenso profumo come il rosmarino, la menta
e la salvia attirano la nostra attenzione. Ci portano verso
una terrazza adibita a ristoro dalla quale si può ammirare
un panorama mai monotono. Le coste lontane, da Capri alla Penisola
Sorrentina fino a Capo Miseno, con Vivara e Procida in primo
piano, ma anche la costa dell'isola, da Piano Liguori fino alla
baia di Cartaromana. Qui la Torre di Michelangelo sembra quasi
richiamarci, con le sue armoniche forme architettoniche, alla
natura della nostra isola ricca di un'identità ambientale
che la storia ha spesso esaltato con i tanti popoli che l'hanno
amato. Lungo il pontile che ci riporta al borgo antico spesso
ci fermiamo per voltarci e cogliere i mille aspetti di un castello
che nella nostra memoria rimane ancora magico, incantato, come
la storia della nostra isola